Marilia Oliveira, Cuoca d’Italia! Ma chi, io???

Stasera va in onda la mia prima puntata, e allora vi racconto come fu che mi ritrovai in un programma che mai mi sarei aspettata…

Era una mattina di metà ottobre e io ero nel mio Boteco a sistemare le cose per il servizio del pranzo, quando entrano nel locale un gruppo di ragazzi, simpatici, cominciano a parlare con me, a un certo punto uno mi dice “Non pensare che sia uno scherzo, ma noi siamo della redazione di Cuochi d’Italia e vorremmo che tu venissi a fare un casting a Milano”.

E io “Ma cosa c’entro io con Cuochi d’Italia? Non è una gara delle regioni italiane?”

“No, adesso lanciamo un format nuovo con le cucine dei paesi del mondo e pensiamo che tu possa essere adatta”

E io non sapevo cosa dire, non mi ci vedevo nei panni del personaggio televisivo, tanto più che per candidarsi bisognava fare un selfie e un video di presentazione, e allora lì ho detto “non sono il tipo” perché mi sento di un goffo terribile a fare queste cose!

Ma loro erano tanto carini, e dopo aver mangiato i miei pasteis de nata hanno insistito ancora di più, insomma che alla fine mi sono decisa a iscrivermi… con il selfie super goffo preso nella mia cucina, che vedete qui sotto!

Non poteva mancare il photobomb di Lidia…

Insomma, alla fine sono andata a fare questo casting in quel di Cologno Monzese. Mi truccano, mi acconciano FIGHISSIMA, e mi dicono che avrò a disposizione una ventina di minuti per cucinare il mio piatto (per il momento non vi dico quale) .

Entro e mi ritrovo NELLO STUDIO di Cuochi d’Italia, proprio quello del programma! C’era un sacco di gente, cameraman, personale, cuochi…

Io mi sono messa a fare il mio piatto, mi hanno fatto un sacco di domande, mi sono messa a parlare… e parlare…. e PARLARE… di tutto, mi hanno tirato fuori anche le mie opinioni sulla società e sulla politica e lì ho pensato “mmm qui mi sa che marca male”, perché le mie opinioni sono un bel po’ scomode per tanta gente. Però dopo che ho finito il piatto tutti ne hanno voluto assaggiare un pezzo: truccatrici, microfonisti, tecnici delle luci… quindi ho pensato “beh tanto male non deve essere andata”!

Alla fine esco fuori e mi accorgo che sono stata dentro PIU’ DI UN’ORA, altro che 20 minuti!

La ragazza mi dice che mi faranno sapere entro i primi di novembre…

… passa la prima settimana di novembre, niente.

… passa la seconda, niente.

Dico ” pazienza, non mi hanno preso”, e non ci penso più – quando mi arriva una telefonata dicendo che mi hanno preso e che di lì a una settimana dovevo girare la prima puntata! Euforia! Eccitazione! PANICO TOTALE!

E il resto… lo vedrete stasera.

Un bacio a tutti

Marilia

Picnic urbano al belvedere di Castelletto

(qui gli altri itinerari della serie #picnicurbano: http://www.oboteco.it/picnic-urbano-itinerari/)

Il poeta Giorgio Caproni scrisse in uno dei suoi componimenti più celebri: “Quando mi sarò deciso d’andarci, in paradiso ci andrò con l’ascensore di Castelletto”. Il distico è tuttora inciso su una targa all’ingresso dell’ascensore in piazza Portello, ed è proprio da lì che passa l’itinerario del #picnicurbano di oggi.

Prima però, un passaggio per i caruggi più caratteristici del centro storico, lungo un percorso tutto pedonale di circa 10 minuti.

Itinerario #2: il Belvedere di Castelletto passando per i vicoli di Soziglia e lo storico ascensore


Uscendo dal Boteco col vostro cestino da picnic andrete a destra, percorrendo via San Luca fino a piazza Banchi. Da qui, si svolta a sinistra in via degli Orefici e si prosegue sempre dritti, mantenendo la sinistra al bivio di via Soziglia, fino a sbucare nell’incantevole piazzetta dei Macelli di Soziglia, con la sua impareggiabile atmosfera del tempo che fu. Proseguendo in salita lungo vico del Ferro attraverserete l’imponente via Garibaldi con i suoi palazzi nobiliari e imboccherete lo stretto vicolo che conduce in piazza Portello. Al di là della strada – ahimè troppo trafficata – un’elegante portone vetrato conduce all’ascensore di Castelletto.

“Panorama della città”, promette la scritta. E in effetti…
… non le si può dar torto! Questa è la vista dalla fermata superiore dell’ascensore

Il breve viaggio nell’ascensore d’epoca, con i suoi rivestimenti in legno e le vetrate Tiffany, conduce al belvedere di Spianata Castelletto, in posizione dominante sulla città vecchia, laddove anticamente sorgeva un forte militare (da cui il nome) abbattuto a metà dell’Ottocento.

La vista è mozzafiato in ogni momento della giornata, ma il tramonto, che tinge i tetti della città ed il mare delle sfumature del rosa e dell’arancio, è indimenticabile.

Se non si trovano panchine libere, si può stendere la coperta direttamente sul selciato
Pasteis de nata panoramici? Sì grazie!

Picnic urbano a Villetta Di Negro

(qui gli altri itinerari della serie #picnicurbano: http://www.oboteco.it/picnic-urbano-itinerari/)

Sede dello splendido Museo di Arte Orientale e di un delizioso parco con tanto di cascate e grotte artificiali, Villetta Di Negro è un tesoro nascosto in pieno centro, sottovalutato e misconosciuto dagli stessi genovesi.

Dal Boteco si raggiunge in 15 minuti con un itinerario lungo i viali e le piazze monumentali del periodo risorgimentale.

Itinerario #1: Villetta Di Negro passando per le vie della riorganizzazione urbanistica di epoca risorgimentale

Uscendo dal Boteco col vostro cestino da picnic, scendete sulla destra in via San Luca fino a raggiungere piazza Banchi e proseguite dritto lungo via Canneto il Curto fino a sbucare nell’ampia via San Lorenzo. Salendo sulla sinistra costeggiate la cattedrale ed il Palazzo Ducale, girato l’angolo del quale sbucherete in piazza De Ferrari. Attraversate la piazza sul lato sinistro, sfiorate il teatro Carlo Felice e la statua di Garibaldi e prendete la salita di via Roma con i suoi negozi eleganti.

In cima a via Roma troverete piazza Corvetto, con al centro una statua equestre di re Vittorio Emanuele II. Alla posa spavalda del re fa da contraltare, sul lato sinistro della piazza, un pensoso Giuseppe Mazzini in piedi su di una colonna: è proprio alle sue spalle che si apre il parco di Villetta Di Negro, sormontato dalla sagoma del Museo d’Arte Orientale, che ricorda quella di un padiglione giapponese.

Konnichiwa, cestino-san!

Il museo è intitolato a Edoardo Chiossone, grande incisore genovese di fine 1800 invitato a Tokyo dal governo giapponese come direttore dell’Officina Carte e Valori della zecca nazionale, con il compito di modernizzare le tecniche di stampa di francobolli e banconote. Chiossone fu anche artista molto apprezzato a corte: i suoi ritratti dell’imperatore Meiji e dell’imperatrice Shoken sono tuttora esposti nel Santuario Meiji di Tokyo.

Il museo ospita una collezione di arte giapponese di primissimo livello, in gran parte donata alla città dallo stesso Chiossone, e vale sicuramente una visita (chi scrive ha visitato il Museo Nazionale di Tokyo e vi garantisco che regge egregiamente il confronto).

Un labirinto di vialetti ombreggiati circonda l’edificio ed offre numerose occasioni per una sosta o una foto. La terrazza panoramica alla fine del vialetto sul lato nordovest del parco è il posto perfetto per un #picnicurbano con vista sui tetti del centro storico.

Una delle cascate artificiali dell’eccentrico parco di Villetta Di Negro
Panorama dalla terrazza
Panorama dalla terrazza

Una canzone per il 25 aprile: Tanto Mar di Chico Buarque

La rivoluzione dei garofani del 25 aprile 1974 (vedi il post dedicato qui), che liberò il Portogallo dal quarantennale regime di Salazar, toccò profondamente i musicisti brasiliani che a loro volta vivevano sotto la dittatura militare.

Una fra le più belle canzoni dedicate a questo evento è “Tanto Mar” di Chico Buarque de Hollanda. La storia di questa musica è tanto tortuosa e interessante quanto quella della rivoluzione cui si riferisce.

Un’intervista del 1978 in cui Chico spiega la genesi delle due “Tanto Mar”

Prima versione: 1974

Nel 1974 Chico era all’apice della carriera, pur essendo osteggiato dal regime per le sue posizioni critiche sulla dittatura militare. Troppo famoso e amato per essere messo a tacere, Chico era comunque tenuto sotto stretta sorveglianza dalla censura, specialmente dopo lo scherzetto che era riuscito a mettere a segno nel 1970 con Apesar de Você – un singolo di enorme successo in cui l’insofferenza verso la dittatura è mascherata sotto l’apparenza di un uomo che si lamenta di una donna oppressiva (prima o poi dobbiamo fare un post anche su questa).

Non appena la notizia della rivoluzione dei garofani arriva alle sue orecchie, Chico scrive di getto una canzone breve ma ricca di omaggi al Portogallo. Alcuni ovvi: l’interiezione “pá” (da “rapáz”, ragazzo); l’uso del “tu” + seconda persona singolare (dove in portoghese brasiliano si userebbe il “você” + terza persona singolare); il riferimento ai garofani simbolo della rivoluzione ed al rosmarino arbusto tipico portoghese. Altri più sottili, come la citazione di uno dei distici più celebri di Fernando Pessoa “navigare è necessario / vivere non è necessario”.

Sei que estás em festa, pá
Fico contente
E enquanto estou ausente
Guarda um cravo para mim

Eu queria estar na festa, pá
Com a tua gente
E colher pessoalmente
Uma flor do teu jardim

Sei que há léguas a nos separar
Tanto mar, tanto mar
Sei também quanto é preciso, pá
Navegar, navegar

Lá faz primavera, pá
Cá estou doente
Manda urgentemente
Algum cheirinho de alecrim 
So che sei in festa, pá
Sono contento
E siccome sono assente
Conserva un garofano per me

Vorrei partecipare alla festa, pá
Con la tua gente
E cogliere personalmente
Un fiore dal tuo giardino

So che ci sono leghe a separarci
Così tanto mare, così tanto mare
So anche quanto è necessario, pá
Navigare, navigare

Là è primavera, pá
Qua sono sofferente
Manda urgentemente
Un po’ di profumo di rosmarino

Naturalmente, la censura brasiliana vietò la canzone – specialmente per il passaggio finale in cui auspica che il “profumo di rosmarino” da “là” si spanda fino a “qua” – ma non poté evitare che fosse pubblicata in Portogallo, dove fu un successo.

Seconda versione: 1976

Quando il turbolento Periodo Rivoluzionario portoghese giunse al termine e il paese si avviò verso la “normalizzazione”, Chico esternò il proprio disappunto per la piega che aveva preso la rivoluzione incidendo una seconda versione della canzone. In questa, i verbi sono virati al passato e la festa è “appassita”. Al tempo stesso, mantiene aperto uno spiraglio di speranza: i “semi” della rivoluzione sono stati gettati, e chissà che non germoglino nuovamente.

Foi bonita a festa, pá
Fiquei contente
E inda guardo, renitente
Um velho cravo para mim

Já murcharam tua festa, pá
Mas certamente
Esqueceram uma semente
Nalgum canto do jardim

Sei que há léguas a nos separar
Tanto mar, tanto mar
Sei também quanto é preciso, pá
Navegar, navegar

Canta a primavera, pá
Cá estou carente
Manda novamente
Algum cheirinho de alecrim 
E’ stata una bella festa, pá
Sono stato contento
E ancora conservo, ostinatamente
Un vecchio garofano per me

Hanno fatto appassire la tua festa, pá
Ma certamente
Si sono scordati un seme
In qualche angolo del giardino

So che ci sono leghe a separarci
Così tanto mare, così tanto mare
So anche quanto è necessario, pá
Navigare, navigare

Canta la primavera, pá
Qua ne sento il bisogno
Manda nuovamente
Un po’ di profumo di rosmarino

Anche questa versione fu bloccata dalla censura brasiliana. Ma c’è un ma…

Il curioso caso della versione dal vivo con Maria Bethania

Nel 1975 Chico e Maria Bethania (grande cantante baiana e sorella di Caetano Veloso) tennero una serie di spettacoli al Teatro Canecão di Rio de Janeiro, che utilizzarono per registrare un album dal vivo, “Chico Buarque & Maria Bethânia ao vivo“. Durante tutti gli spettacoli, sotto l’occhio vigile dei funzionari della censura, Chico eseguì l’allora inedita “Tanto Mar” come pezzo strumentale senza testo, tranne l’ultima sera in cui lo cantò (si trattava ancora della prima versione).

Nell’edizione brasiliana del disco comparve la versione strumentale, mentre in quella portoghese fu inclusa quella cantata. Questo spiega perché sulla copertina del 33 giri presente al Boteco, comprato in Portogallo, compare in bella vista l’adesivo “Inclue Tanto Mar versão cantada”.

Al giorno d’oggi una cosa del genere la daremmo per scontata, ma così scontata non è…

Viva o 25 de abril!

Se c’è una data che accomuna Italia e Portogallo, quella è il 25 aprile. Per entrambi i paesi, pur se a distanza di molti anni (1945 per l’Italia, 1974 per il Portogallo), significa la liberazione da una brutale dittatura.

La rivoluzione dei garofani, 25 aprile 1974

Fin dal 1972 un gruppo di sottufficiali dissidenti aveva creato una rete di cospiratori all’interno delle forze armate, con l’obiettivo di rovesciare il regime salazarista, ormai agonizzante: dopo che Salazar, nel 1968 era stato colpito da un ictus, il potere era passato al suo delfino Marcelo Caetano, che pur concedendo timide aperture in tema di libertà civili ed economiche aveva mantenuto l’assetto autoritario dello stato e continuato l’assurda guerra (persa in partenza) nelle colonie africane, scontentando così sia i “duri e puri” del regime sia i fautori della democrazia.

Fu la trasmissione su Rádio Renascença di “Grândola Vila Morena” del cantautore dissidente José Afonso a dare il segnale della rivoluzione, a mezzanotte della notte fra il 24 e il 25 aprile.

Alle prime luci dell’alba commando di soldati ribelli s’impossessarono dei centri nevralgici del potere a Lisbona e nel resto del paese, incontrando una flebile resistenza da parte del regime e salutati come liberatori dalla popolazione in festa.

“Grandola Vila Morena” di José Afonso fu il segnale d’inizio della rivoluzione

Simbolo della “Rivoluzione dei garofani” divennero i fiori che i cittadini di Lisbona scesi in piazza donavano ai soldati, i quali li posero nelle canne dei loro fucili in una delle immagini più iconiche della storia portoghese.

Gioia e rivoluzione

Alla rivoluzione del ’74 seguì un periodo caotico, tumultuoso ma anche esaltante: i contadini occuparono le terre, gli operai le fabbriche, si susseguivano cortei e manifestazioni mentre due generazioni di portoghesi assaporavano per la prima volta la partecipazione politica dopo più di quarant’anni di dittatura.

Le avanguardie artistiche e la musica, finalmente libere dalla censura, divennero veicolo delle rivendicazioni e delle aspettative di un popolo per troppo tempo oppresso. E’ durante il cosiddetto Periodo Rivoluzionario che vedono finalmente la luce in Portogallo dischi registrati all’estero e proibiti dalla censura, come Cantigas de Maio e Venham mais Cinco di José Afonso e Os Sobreviventes di Sergio Godinho.

La caduta del regime più longevo dell’Europa occidentale ebbe ampia eco anche al di fuori del paese. Giovani di tutta Europa accorsero a celebrare la rivoluzione. Dal Brasile ancora oppresso dalla dittatura militare, Chico Buarque de Hollanda salutò la rivoluzione dei garofani con una delle sue canzoni più struggenti, “Tanto Mar”. Per Chico questa canzone aveva un significato tanto importante da registrarne due versioni, una nel ’74 e una nel ’76, dal significato ed umore diametralmente opposto.

La fine della rivoluzione

Il turbolento Periodo Rivoluzionario fu infatti tanto inteso quanto breve. Nel novembre del 1975 il blocco più radicale capeggiato dai comunisti tentò di forzare la mano della Giunta provvisoria con un nuovo colpo di stato, che però fallì miseramente, ottenendo l’effetto opposto: la Giunta accelerò il processo di “normalizzazione” del paese, indirizzandolo verso la socialdemocrazia, l’economia di mercato e l’adesione al blocco occidentale.

Questa “rivoluzione a metà” lasciò l’amaro in bocca a Chico e a molti altri radicali di sinistra, da cui la seconda versione di “Tanto Mar”, una canzone che ha avuto una storia almeno tanto travagliata quanto quella della rivoluzione cui si riferisce. Per saperne di più su questa storia avvincente, abbiamo scritto un post dedicato qui.

In questo video con immagini della Rivoluzione dei garofani si sentono prima “Grandola Vila Morena” nella versione cantata da Amalia Rodriguez, e poi le due versioni di “Tanto Mar” di Chico Buarque

São Jorge

Benché sia un santo relativamente nuovo per il Portogallo (si pensa che il suo culto sia stato introdotto nel 1147 da soldati inglesi, che a loro volta lo avevano preso dai genovesi), San Giorgio seppe rapidamente scalare le gerarchie fino a condividere con il “vecchio” San Giacomo / Santiago il rango di santo patrono della nazione, che occupa tuttora. Questo grazie alla sua fama di santo guerriero – una qualità decisamente utile all’epoca delle guerre contro i Mori. Per i soldati portoghesi dal medioevo in avanti, il grido “São Jorge!” era il segnale della carica.

Benché non ci sia alcuna prova della sua esistenza, la leggenda narra che San Giorgio fosse un soldato romano, martirizzato sotto Diocleziano per la sua fede cristiana.

Il carattere bellicoso e coraggioso e il florilegio di leggende attribuite al santo, degne di un vero e proprio eroe da roman cavalleresco – la più celebre delle quali lo vede uccidere il drago, contribuirono a renderlo uno dei santi più popolari all’epoca della conquista del Nuovo Mondo. Ed è proprio in questa veste di guerriero e uccisore di mostri che San Giorgio viene celebrato nei culti afro-brasiliani.

Insieme agli schiavi, gli europei portarono infatti dall’Africa al Sud America anche un mondo variegato di dèi, culti e tradizioni millenarie. Siccome agli schiavi era proibito professare apertamente il proprio culto, ad ogni Orixà associarono un santo cristiano. In questo modo poterono continuare a mantenere viva la propria cultura fingendo di essersi uniformati a quella dei dominatori: Iansã, signora del vento, diventa così Santa Barbara; Iemanjá, regina del mare e madre universale, si identifica con la Madonna; Exu, tramite fra il mondo spirituale e quello materiale, è San Michele Arcangelo e così via.

San Giorgio si trova così a prestare veste e forma a due fra gli orixà più potenti e rispettati: Ogum, dio della guerra, e suo fratello Oxossi, dio della caccia.

Sardinha challenge 2019

Concorso sardinha 2019

In previsione delle Festas de Lisboa del prossimo giugno l’ente del turismo di Lisbona ha pubblicato un bando internazionale per dipingere la “Sardina Ufficiale” che apparirà su manifesti, depliant e quant’altro.

Noi del Boteco aderiamo con entusiasmo all’iniziativa e proclamiamo a nostra volta la SARDINHA CHALLENGE!

Come funziona:

  • Andate su www.oboteco.it/sardinha-challenge e scaricate il formato ufficiale della sardina
  • Sbizzarritevi con la fantasia: decoratela, pitturatela, fatene dei collage, manipolatela digitalmente (purché continui a capirsi che è una sardina)
  • Mandateci le vostre creazioni a oboteco@libero.it entro il 24 marzo in formato JPEG (almeno 300 dpi), insieme ai vostri dati personali (nome, cognome, luogo e data di nascita) per potervi riconoscere la paternità dell’opera
  • Un’insindacabile giuria di qualità selezionerà 3 opere da spedire al concorso di Lisbona
  • Il 25 marzo sveleremo i vincitori in diretta sulla nostra pagina Facebook @o.boteco.do.bonde.amarelo
  • A maggio l’ente del turismo di Lisbona pubblicherà i risultati del concorso internazionale… fino a quel momento terremo incrociate le dita (e se non avremo vinto, ci saremo divertiti lo stesso)
  • A giugno, in contemporanea con la festa di Lisbona, esporremo sulle pareti del Boteco tutte le sardine ricevute

Gli autori delle 3 sardine vincitrici otterranno un buono da 15 € da spendere al Boteco… magari per mangiare sardinhas assadas!

Nota legale: O Boteco do Bonde Amarelo sottometterà le sardine a nome degli autori da un indirizzo email creato ad hoc. Nel caso una delle sardine ricevute risultasse fra le prime 5 classificate, il premio di 2.000 € offerto dal comune di Lisbona verrà corrisposto all’autore. Partecipando al concorso si accetta il regolamento pubblicato su https://www.culturanarua.pt/wp-content/uploads/2019/02/pt-concurso-sardinhas-festas-de-lisboa19.pdf, che prevede (fra le altre cose) di cedere tutti i diritti sull’utilizzo dell’immagine all’ente del turismo di Lisbona.

Novità: cestini da picnic

cestino da picnic

Arriva la bella stagione, e con lei arriva una grande novità per tutti gli amanti della cucina del Boteco: i nostri cestini da picnic!

Che stiate progettando una gita in campagna o una “scampagnata urbana” al Porto Antico, non troverete in giro una soluzione più glamour – garantito.

Un esempio di nostro cestino da picnic (Lidia non inclusa)
Un esempio di nostro cestino da picnic (Lidia non inclusa)

Come funziona? Semplicissimo: dovete solo comporre il menu che più vi aggrada scegliendo fra i nostri piatti, bevande e prodotti tipici portoghesi. Noi ci occuperemo del resto fornendo cestino di vimini, posate, tovaglioli, bicchieri e ovviamente la coperta da stendere sul prato.

Potete ordinare direttamente in negozio o al telefono chiamando lo 0104552994 e passare a ritirare il cestino in negozio. E’ richiesta una cauzione di 20€ che vi saranno restituiti alla restituzione del cestino.

Fiera del Disco = giradischi aperto

Credo sia ormai noto quanto noi del Boteco adoriamo i vecchi dischi in vinile… ebbene, in occasione della Fiera del Disco, il giradischi del Boteco è a disposizione di tutti gli appassionati che proprio non ce la fanno ad aspettare fino a casa per sentire i vinili appena comprati o scambiati!

La Fiera del Disco si svolge al Porto Antico, centro congressi Magazzini del Cotone; noi siamo in Via San Luca 42R; Google Maps mi dà esattamente 10 minuti a piedi… più comodo di così…

Qui l’evento facebook se vi fa piacere condividere questa iniziativa:

https://www.facebook.com/events/428053807936198/

Pubblicato da O Boteco do Bonde Amarelo su Venerdì 15 febbraio 2019

Fine anno… aperti per ferie!

Carissimi amici, anche a Natale e Capodanno il Boteco non vi abbandona!

Di seguito il calendario delle nostre aperture:

  • 24 dicembre aperto con orario normale
  • 25  e 26 dicembre chiuso
  • dal 27 al 30 dicembre aperto con orario normale
  • 31 dicembre apertura speciale fino a mezzanotte e mezza per Capodanno (menu a 25 €)
  • dal 1 al 6 gennaio aperto con orario normale